Teatro

Amore sacro, amor profano, ed un uomo a metà

Amore sacro, amor profano, ed un uomo a metà

Bella prova per Gianluca Cesare, in uno spettacolo comico-dissacrante a metà tra l'amore sacro e l'amore profano.

Giuseppe, Maria e la Madonna. Una strana sacra famiglia quella portata in scena con L'uomo a metà di Giampaolo Rugo, con Gianluca Cesare diretto da Roberto Bonaventura. Spettacolo comico-dissacrante, in cui Giuseppe, claudicante perché calciatore ferito e fallito, si innamora di Maria, figlia di un negoziante di oggetti sacri, tra cui Madonne, di cui lo stesso Giuseppe è un venditore. Un amore contrastato nella sua “completa” realizzazione proprio dalla Madonna in persona: ogni volta che sono sul punto di... compare davanti agli occhi a Giuseppe, annunciata sempre dalla stessa espressione, che a lungo ripetere diventa comica: “la Madonna del Sacro Cuore con le braccia aperte come per abbracciarmi”. Lo scenario tutto bianco e azzurrino (colore tipico del mantello della Madonna) rafforza questa chiave di lettura ‘sacra’: entrando in sala l'uomo è già lì che cammina claudicante nel suo pantalone azzurrino, mentre a fargli compagnia solo una statua di madonna tutta bianca. E sono bianchi tutti gli oggetti che vengono portati in scena: un servomuto a cui è appesa la giacca elegante, sempre azzurrina, e sotto accompagnato da madonnine bianche, bianca è la vasca e la valigetta da lavoro di Giuseppe.

Le prime parole pronunciate verranno capite solo a conclusione di spettacolo " non è vero che si muore sul colpo", alludendo alla sofferenza dell'agonia. Restano sospese lì mentre prende forza questo personaggio di Giuseppe che pian piano si racconta. Due i filoni della storia, L'amore contrastato dalla Madonna per Maria da una parte e il suo passato dall’altro: suo nonno (che gli ha insegnato tutte le parole dell'inno d'Italia), la storia fallita di giocatore di calcio dalla grande capacità di corsa ma poi diventato claudicante per incidente e perché non si sentiva all'altezza. Maria intanto si consola con il cugino di Giuseppe, di nome Gabriele, e come la Maria della storia santa finisce per aspettare un bambino. Giuseppe lo sa ma fa finta di niente e aspetta solo di trovare il modo di riscattarsi, magari dopo il matrimonio. Ma poi avviene il reale cambiamento, tra l'altro sancito ufficialmente anche da un bagno:  entra nella vasca bianca a fondo scena entra nella vasca da bagno vesitito e si fa il bagno con l'acqua di bottigliette. Acqua purificatrice?

Il giorno dell'addio al celibato, è tremante di paura di fare 'cilecca' davanti ai suoi ex compagni di squadra e invece scopre l'amore della thailandese Dogmai (fiore) e vittorioso sente di aver trovato la vera dimensione dell'amare (promette di tornare da lei, dopo il matrimonio). Il giorno del matrimonio è raccontato mirabilmente in una sequenza dal ritmo veloce, che esalta i passaggi di assoluta cerimonialità: un'esplosioni di frasi spezzate con ritmo sincopato che evidenziano l'assurdità e il mondo della finzione del matrimonio, il migliore matrimonio possibile. Poi eccoci al punto. Lui sta per farsi riconoscere finalmente da Maria come maschio perfettamente dotato quando, sul più bello, riecco la madonna del Sacro Cuore, presente di fronte a lui. Ma la rabbia e la decisione di cambiamento lo inducono a un gesto di rabbia: distruggere la statuetta. Che per errore finisce sul capo di Maria. Sanguinante. E qui trovano un senso le parole iniziali sulla morte sul colpo. Il cerchio si chiude. E nel finale, ma solo a parole, entra in scena un altro colore, il rosso. Quello del sangue tragico di Maria e  quello delle unghie della Madonna a cui va il pensiero conclusivo dello spettacolo: alla pazienza necessaria per applicarlo in quelle terre lontane dov'è prodotta la statua.

Una bella prova per Gianluca Cesare, che mostra di padroneggiare perfettamente la scena nei sui sbalzi monologanti e si muove sapientemente in uno scenario semplice ma denso di valore simbolico, come l'ha costruito la chiara ed essenziale regia di Bonaventura. Un comico susseguirsi in scene sapienti che inducono a pensare che tra l'amore sacro e l'amore profano ci sia la semplice risoluzione della morte.